L’Aquila, le mani della ‘ndrangheta sulla Ricostruzione della città

Articolo da ilCentro.it del 31 ottobre 2010 (“Sisma, i prestanome della ‘ndrangheta all’Aquila”), di Enrico Nardecchia

Apripista. Prestanome. Affittacamere. Chiamateli così, quegli imprenditori aquilani i quali, alla ricerca affannosa di affari del post-terremoto, parlano ore e ore al telefono con gli uomini della’ndrangheta.

Il calabrese chiede un appartamento per gli operai? Trovato.

Il calabrese chiede di entrare in societa’? Trovato il notaio, societa’ fatta.

Il calabrese chiede lavori nella citta’ devastata dal terremoto? Fatto.

Accade poi che, un giorno, uno di quei calabresi viene arrestato, con altri 32, in una mega-operazione che riguarda i clan Borghetto-Caridi-Zindato decimati dalla Procura condotta da Giuseppe Pignatone e dalla Mobile di Renato Cortese, l’uomo che arrestò Bernardo Provenzano dopo 43 anni di latitanza, e Giovanni Strangio, oltre a scompaginare il clan dei Piromalli.

LE INTERCETTAZIONI Biasini: “Ho contratti per 1,8 milioni”
«L’ufficio all’Aquila e’ stato finito…anche quello, eh!. Poi sai che serve? Importantissimo: io ho iniziato quel cantiere grande, lì al viale della Croce Rossa. E poi un’altra cosa, un’altra cosa bella, bella, eh, ho messo quasi totalmente le mani su quel…quell’appalto di quell’albergo alle 99 Cannelle che ti dicevo».

Così parlò al telefono l’aquilano Stefano Biasini, che subito dopo riferì tutto al commercialista Gattuso che per l’accusa e’ uomo di fiducia dei clan. Non prima, tuttavia, di averlo rassicurato snocciolando le cifre dei lavori in corso di realizzazione. «Io? Io la’ ho settecentomila euro, e ho contratti per un milione e otto gia’ approvati, da iniziare…di lavori da iniziare». Queste cifre fanno scrivere al gip: «Che fosse di interesse comune a tutti i soggetti interessati iniziare a operare presso i cantieri, con sollecitudine e professionalita’, era chiaramente dovuto alla rilevante entita’ dei lavori gia’ appaltati».

I calabresi, nelle telefonate, appaiono molto soddisfatti degli interlocutori aquilani. Dice il commercialista Gattuso parlando con l’amico Scalise: «Io poi non ti ho detto perché ora stiamo collaborando con questo ragazzo che…tre generazioni di costruttori…hanno costruito mezza L’Aquila, voglio dire che noi all’Aquila possiamo fare un buon lavoro anche come Cassa Edile, con tutto…con tutto quello che vogliamo…vedi».

E ancora, in un’altra telefonata: «Lì abbiamo una buona possibilita’, loro hanno belli agganci, sono conosciuti cioe’ hanno una bella…un bel giro voglio dire, di lavori perché, ti ripeto, hanno costruito mezza L’Aquila proprio, il nonno in particolare…sono messi bene a livello di uffici…a livello di tutto…Lui loro si chiamano…di famiglia si chiamano Biasini…Lui…quest’azienda che stanno sistemando si chiama Edilb, Edilbr, Edilbr costruzioni, però li conoscono come Biasini sia il padre che il figlio, il figlio che e’ un amico mio…lui ha gia’ dei lavoretti…con una sono entrato al 50% però lì…appena posso salire…li gestirò io…».

LE TRE DITTE. Secondo il gip «le due imprese Br Costruzioni e Lypas costruzioni stavano operando, così come inizialmente prospettato, in sinergia e sotto il diretto controllo di Caridi che aveva come suo ambasciatore nel capoluogo abruzzese Pasquale Latella». Dalle intercettazioni spuntano fuori anche una terza societa’, la Tesi costruzioni srl, e il consorzio «Gran Sasso» di cui parlano, al telefono, Daniele Scalise e Carmelo Gattuso. Le ditte sono impegnate in lavori privati, ma non disdegnano di mettersi in fila per acquisire gli appalti pubblici. In questa direzione vanno lette le iniziative per arrivare a ottenere in tempi rapidi il riconoscimento delle attestazioni necessarie per partecipare alle gare.

L’ALBERGO. Lavori per «un grosso appalto riguardante la costruzione di un albergo nei pressi del monumento delle 99 Cannelle». C’e’ anche questo nel biglietto da visita che l’imprenditore aquilano presenta ai calabresi. Anche le carte della mega-indagine reggina approderanno all’Aquila per verificare se, oltre alle amicizie pericolose, a carico degli aquilani ci siano anche reati da perseguire.

Per il gip del tribunale di Reggio Calabria la’ndrangheta ha messo gli occhi, e non solo, sulla ricostruzione dell’Aquila. Infatti, uno dei reati contestati agli arrestati e’ stato commesso «all’Aquila», si legge in un’ordinanza di 414 pagine del gip Andrea Esposito, «il 26 marzo 2010». Cos’e’ avvenuto? «Santo Giovanni Caridi e il commercialista Carmelo Gattuso», entrambi arrestati, «in concorso tra loro, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione, Caridi attribuiva fittiziamente al Gattuso la titolarita’ del 50 per cento della quota societaria della Tesi costruzioni srl, essendone in realta’ Caridi Santo il reale titolare; con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare la cosca mafiosa Borghetto-Caridi-Zindato di appartenenza del Caridi». La Tesi costruzioni, con sede in via Pescara, e’ una societa’ della quale e’ comproprietario l’aquilano Stefano Biasini, poi divenuto amministratore unico.

CHI È BIASINI. Stefano Biasini, che tuttavia non risulta indagato dalla Procura reggina, e’ un costruttore edile, figlio di un noto geometra. Nato all’Aquila il 18 maggio 1977, e’ residente a Vasche di Pianola. Titolare della Edil B.R. costruzioni e appassionato di auto di lusso, a leggere le decine di intercettazioni telefoniche nelle quali compare il suo nome e’ il «gancio» aquilano per i personaggi calabresi. Biasini si da’ un gran daffare per consentire a Caridi e al commercialista reggino Gattuso «di inserirsi», si legge nell’ordinanza, «nei lavori di ricostruzione a seguito del terremoto». Per il gip, Gattuso e’ il prestanome, per conto di Caridi, nell’ambito delle societa’ attive nel territorio aquilano. La complessa vicenda e’ stata ricostruita da numerose informative della polizia giudiziaria. Caridi e’ entrato in due imprese «impegnate nell’esecuzione di lavori edili all’Aquila» e affida al commercialista «il subentro in una terza societa’». Secondo un’informativa riportata nell’ordinanza del gip, «gia’ nel mese di gennaio 2010 Santo Caridi iniziava a intrattenere rapporti di evidente natura lavorativa con il costruttore Stefano Biasini».

L’AFFARE ABRUZZO. Oltre alle estorsioni in Calabria, le cosche reggine erano, e sono, interessate alla ricostruzione post-terremoto. La diversificazione degli interessi, così come avvenuto per i Casalesi nel caso scoppiato la scorsa estate (vedi articolo in alto) sembra trovare, ancora una volta, terreno fertile nel tessuto imprenditoriale cittadino. Secondo quanto emerge dalle carte, Caridi incaricò Gattuso di preparare un piano di sicurezza per l’imminente apertura di un cantiere all’Aquila e specificava che quanto richiesto era necessario proprio per permettere l’avvio delle attivita’ delle imprese facenti capo a Stefano Biasini e Pasquale Giuseppe Latella, quest’ultimo indagato. I contatti dei calabresi con L’Aquila sono continui e costanti. Tra le prime richieste che evidenziano l’interesse di Caridi sull’affare c’e’ anche la ricerca spasmodica di un appartamento dove poter alloggiare gli operai provenienti dalla Calabria. Secondo quanto si e’ appreso, sia l’interessamento per reperire l’immobile sia i soldi del contratto di affitto sarebbero stati riconducibili allo stesso Biasini. Per i magistrati, da quel momento, e’ più che acclarato che Biasini e Latella stessero operando in stretta sinergia e, soprattutto, sotto la «direzione» di Santo Caridi.