ESTATE: 175 ANNEGATI IN ITALIA NEL 2012. OTTO SU DIECI SOTTO I 30 ANNI

8 settembre 2012 – Un bagno nel lago fatale, una prova di immersione da cui non si torna più, un tuffo di troppo con gli amici subito dopo mangiato, magari in una spiaggia libera. “Finora le cronache ci parlano di 175 incidenti mortali nelle acque italiane nel 2012, settembre escluso.

Nell’80% dei casi le vittime sono giovani maschi tra i 14 e i 29 anni. Numeri parziali, certo, ma la cui analisi ci può dire molto sulle cause dell’annegamento, che colpisce in Italia in tutto circa 400 persone l’anno (dati Istat)”. A monitorare la cronaca delle morti in acqua nel nostro Paese è Enzo Funari, direttore del Reparto Qualità degli ambienti acquatici e delle acque di balneazione dell’Istituto superiore di sanità e curatore del Rapporto sugli annegamenti, che disegna insieme all’Adnkronos Salute una prima stima dell’andamento della stagione estiva, ancora in corso.

“Per i dati ufficiali le nostre fonti sono due: il ministero della Salute e l’Istat, ma l’analisi dettagliata richiede sempre del tempo. Da due anni, invece – racconta l’esperto – raccogliamo e analizziamo anche tutti gli articoli di stampa relativi agli annegamenti: i numeri che emergono non sono esaurienti, ma i dettagli ci permettono di comprendere le cause di questi incidenti, e di capire come potremmo contribuire a prevenirli. Ebbene – prosegue Funari – nel 2010 sulle pagine dei giornali sono stati riportati in tutto 148 annegamenti, contro i 240 del 2011 e i 175 da gennaio ad agosto di quest’anno. L’analisi mostra che la gran parte degli incidenti si verifica tra luglio e agosto, sulle spiagge libere e nelle giornate di sabato e domenica”. Il fatto che le acque si rivelino dei killer soprattutto per i giovani maschi italiani “indica una pericolosa tendenza ad assumersi dei rischi, a sottovalutare i pericoli e a non tenere conto della propria imperizia.

Un’altra categoria a rischio è quella degli ‘over 70’, che esagerano magari in giornate di mare mosso, e sono vittime di malori in acqua”. Non mancano gli incidenti fra i sub – “in questo caso però i dati sembrano stabili nel tempo: bisogna essere più incisivi sulla diffusione delle norme per immersioni in sicurezza” – e le morti nelle acque di laghi e fiumi. La buona notizia è che i dati dell’Iss evidenziano una forte diminuzione della mortalità a partire dagli anni ’70, “che però sembra aver raggiunto una soglia negli ultimi 10 anni. Di sicuro un ruolo fondamentale nella prevenzione degli annegamenti – dice Funari – è svolto dai servizi di sorveglianza.

In tre tratti del litorale italiano, relativi a Toscana, Emilia Romagna e Puglia, alcune cooperative di bagnini hanno garantito un efficacissimo servizio di sorveglianza nelle spiagge a rischio. Ebbene in questi tratti nell’estate del 2011 sono state salvate 180 persone, molte delle quali senza il soccorso sarebbero andate incontro a una morte certa”. “Immergersi quando il mare è mosso, fare il bagno dopo aver mangiato e sopravvalutare le proprie abilità natatorie è pericoloso. Ma esistono anche fattori oggettivi di rischio: alcune spiagge presentano pericolose correnti di ritorno, e il modo giusto per affrontarle è nuotare lateralmente, arrivando in spiaggia ‘aggirando’ la corrente.

Se invece si cerca di vincere a tutti i costi la corrente, anche un nuotatore esperto può arrivare a riva stremato. Inoltre in alcuni tratti, dopo una mareggiata, possono crearsi buche anche molto profonde: una trappola per i bambini e per chi non è un abile nuotatore”. Il ruolo dei bagnini è fondamentale, ribadisce l’esperto. Dove sono presenti è difficile che si verifichino incidenti tali da comportare annegamenti. “Sono una sorta di deterrente: segnalano i pericoli, indicano quando il mare è troppo mosso e richiamano chi esagera: la presenza di un bagnino induce ad un comportamento più corretto e prudente”.

Ma cosa fare allora nelle spiagge libere? “I bagnanti dovrebbero essere informati dei pericoli presenti. Ad esempio – dice Funari – dovrebbero essere messi a conoscenza”, magari con dei cartelli, “della presenza delle buche pericolose anche quando il mare è calmo, e delle correnti che possono trasportare al largo quando il mare è mosso”.

Fonte: Adnkronos