Con l’inizio dell’autunno 2013 è ricominciata l’allerta maltempo e purtroppo anche le tragedie che frane e alluvioni continuano a seminare sul nostro territorio. Toscana, Puglia e in questi giorni la Liguria sono le regioni più colpite ma i numeri sono destinati ad aumentare. Sono infatti più di 5 milioni, secondo una recente indagine di Legambiente[1], i cittadini italiani che ogni giorno vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio idrogeologico e 6.633 i Comuni che hanno all’interno del territorio aree ad elevato rischio di frana o alluvione [2].
Precipitazioni – sempre più intense e frequenti per i cambiamenti climatici in atto -, un territorio che ogni anno è reso più vulnerabile dal consumo di suolo, e una politica di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico che continua a basarsi su pochi interventi di somma urgenza invece che su un’azione di prevenzione e manutenzione diffusa su tutto il territorio sono le cause del problema.
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Il contesto climatico sta trasformando in ordinario quella che prima era considerata un’eccezionalità. Se infatti le frane e le alluvioni non sono una novità nel nostro Paese, negli ultimi anni questi eventi sono diventati sempre più frequenti. Analizzando le banche dati[3] oggi disponibili sul rischio idrogeologico a partire da metà del scolo scorso, risulta evidente come negli ultimi dieci anni l’area di territori coinvolti da frane e alluvioni è raddoppiata, passando da 4 regioni coinvolte annualmente alla media attuale di 8. Ulteriore conferma arriva anche dai dati pubblicati da Ispra[4] relativi alla quantità di pioggia caduta nei principali eventi alluvionali. Come quelli di Messina nel 2009, della Liguria nel 2010 e 2011, della Toscana (in Lunigiana nel 2011 e in Maremma nel 2012), dove la concentrazione di pioggia caduta al suolo nelle 24 ore più critiche corrisponde spesso a circa un terzo, o a volte alla metà, delle precipitazioni medie annue della regione. [continua su greenreport.it] |





















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