LA BUROCRAZIA CHE BLOCCA LE OPERE CONTRO FRANE E ALLUVIONI

Un anno perso tra diciassette uffici: ecco il labirinto burocratico che blocca le opere contro le frane e le alluvioni

Neanche un euro dei 650 milioni disponibili è stato speso. Da febbraio cinque diversi passaggi alla Corte dei Conti

di Giuseppe Salvaggiulo – La Stampa – Da un anno ci sono 650 milioni di euro nelle casse dello Stato, stanziati per opere necessarie a curare il dissesto idrogeologico. Soldi disponibili, interventi decisi. E sono tutti d’accordo: ministeri, organi contabili, Regioni, popolazioni. Eppure in un anno di ordinaria burocrazia nemmeno un centesimo è stato speso.

Il dramma di questa vicenda è che non c’è niente di anomalo. Per una volta non è questione di ostacoli tecnici, errori amministrativi, conflitti di competenze, inerzia politica, come per i 2,3 miliardi stanziati nel 2009 e non utilizzati (su 1647 opere previste in quel piano, ne sono state completate solo 183). Né ci sono contenziosi tra imprese a bloccare i lavori o sospensive decise da Tar e Consiglio di Stato, a torto additati al pubblico ludibrio nell’ottobre 2014, dopo l’ennesima alluvione del Bisagno a Genova, con un grottesco scaricabarile politico.

LA FISIOLOGIA  

No, questa volta tutto è andato perfettamente, siamo solo prigionieri di un fisiologico labirinto burocratico. Quattro mesi e mezzo per scrivere e vistare la delibera del Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica. Cinque passaggi alla Corte dei Conti. Diciassette diversi uffici pubblici coinvolti. Tre ministeri. Carte che rimbalzano per decine di volte tra gli enti interessati. Risultato: quattrini fermi per un anno. Domani il ministro dell’Ambiente Galletti e sette governatori firmeranno gli accordi di programma definitivi. Poi la Corte dei Corti dovrà registrali.

A quel punto i soldi saranno materialmente utilizzabili dalle Regioni, che avvieranno le procedure di gara delle opere. Altri mesi. Se tutto va bene, nella primavera del 2016 si apriranno i primi cantieri, a un anno e mezzo dalla definizione del piano operativo. E a fine 2016 sarà speso il 20-25% dei 650 milioni di euro.

«Come un pellegrinaggio sul cammino di Compostela, trasportando per mesi dieci pagine essenziali sulle tante scrivanie di una miriade di uffici e lasciandole in attesa di firme, visti, timbri, bollinature», scrive Erasmo D’Angelis, messo da Renzi a capo della task force di Palazzo Chigi prima di transitare alla direzione dell’Unità, nel libro «Un Paese nel fango», in uscita da Rizzoli.

IL CAMMINO A OSTACOLI  

Il pellegrinaggio comincia nel novembre 2014, quando la task force di Palazzo Chigi contatta Comuni e Regioni, chiedendo di segnalare opere cantierabili. A dicembre arrivano richieste per 1,5 miliardi. Si fa una scrematura da cui esce l’elenco di 33 opere prioritarie nelle grandi aree urbane: dal Bisagno a Genova al Seveso a Milano. Alcune attese da mezzo secolo. A metà gennaio 2015 la palla passa al ministero dell’Economia e alla Ragioneria dello Stato, per trovare i soldi.

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