Brunetta: inutili i certificati antimafia. Le repliche di Maroni, Don Ciotti e dell’opposizione

“Semplificare ed eliminare i certificati inutili come il Durc e l’antimafia“. Così il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta ha anticipato una delle misure contenute nel Dl Sviluppo.
Brunetta individua cosi’ nella semplificazione e nella vendita di beni che non producono ricchezza le “vitamine” per la crescita e lo sviluppo rispondendo ai giornalisti a margine della premiazione ‘Un logo per la pa digitale’.
“Perche’ mai le imprese e le famiglie devono ancora fornire certificati alla pubblica amministrazione che li ha gia’ in casa? Basta al Durc, basta ai certificati antimafia, basta ai pacchi di certificati che un archirtetto deve presentare se vuole partecipare a un concorso. Basta a tutto questo – afferma Brunetta -. Si possono fare tante riforme che non costano e producono crescita”.
E poi. “Vendere, vendere, vendere tutto il capitale morto che purtroppo ancora insiste nel nostro paese, dagli asset pubblici, mobiliari e immobiliari, case, caserme. Vendere tutto quello che non serve e non e’ strategico” dice il ministro. E spiega: “Vendiamo il patrimonio pubblico non produttore di ricchezza, pensiamo alle public utilities: luce, acqua, gas, trasporti, spazzatura, tutte quelle societa’ che sono al 99% di proprieta’ degli enti locali e che spesso sono inefficienti”.
L’annuncio di Brunetta però solleva dure critiche dall’opposizione e non solo. Un altolà arriva anche dal Viminale, con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni che avverte: “La certificazione antimafia non puo’ essere modificata perche’ e’ uno strumento indispensabile per combattere la criminalita’ organizzata e, in particolare per contrastare le infiltrazioni malavitose negli appalti pubblici”. ”Il governo, del resto -rimarca il titolare del Viminale- ha appena approvato il Codice delle leggi antimafia che ha riscritto la normativa sulla certificazione antimafia per renderla piu’ efficace e rapida, venendo incontro anche alle richieste del mondo delle imprese”. Critiche anche dal presidente della Camera Gianfranco Fini : “Il ministro Brunetta ha perso una buona occasione per tacere, giustamente il ministro dell’Interno gli ha detto che non se ne parla proprio”.
L’opposizione va all’attacco. ”Nel sacro fuoco della semplificazione amministrativa che, fin qui, ha soltanto complicato la vita a tutti, il ministro Brunetta vuole bruciare la certificazione antimafia per le imprese – afferma il vicepresidente dei deputati Pd, Michele Ventura -. Leggiamo sui giornali indiscrezioni che legano il rinnovato interesse per la crescita di questo governo al mai sopito amore per i condoni, tombali o no, che potrebbero trovare spazio tra le misure anti-crisi. Ecco le idee dell’esecutivo Berlusconi per la crescita: meno legalita’ per tutti” conclude l’esponente del Pd.
Sempre dal Partito Democratico interviene il senatore Giuseppe Lumia, componente della commissione Antimafia, che parla di proposta “delirante”. “Cosi’ – afferma – si indebolirebbe ulteriormente il controllo di legalita’ in un settore, quello degli appalti pubblici, che fa gola alle mafie”. Anche il capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi punta il dito contro l’annuncio di Brunetta. “Via i certificati antimafia? Una proposta assurda e pericolosa che lascia senza parole. Questo governo e’ sempre piu’ sorprendente, in senso negativo naturalmente: e’ capace di penalizzare i lavoratori e fare favori alla mafia. Siamo all’assurdo”. “Tutti sanno che le mafie vanno combattute proprio a partire dai propri interessi economici ed eliminare i certificati antimafia e’ un’assurda facilitazione alla malavita organizzata, oltre che un messaggio profondamente sbagliato. Sono davvero senza vergogna”. Per il vicepresidente di Fli, Italo Bocchino, la proposta di Brunetta “e’ scandalosa ma in linea con la decisione presa dal Pdl di salvare l’imputato per mafia Saverio Romano o di mantenere Nicola Cosentino come coordinatore regionale in Campania“.
E don Luigi Ciotti, presidente di Libera, lancia l’allarme. ”Il certificato antimafia ha permesso, previa verifica, di bloccare gli interessi delle mafie negli appalti’‘. ”La scelta di indebolirlo -aggiunge don Ciotti- e di scaricare la questione sulla pubbliche amministrazioni ha il sapore di un anestetico che invece di snellire la procedura rischia di rendere tutto ancor piu’ complicato con una moltiplicazione di lavoro per gli enti che gia’ devono affrontare e combattere i tagli e le riduzione di servizi e personale”.
Brunetta replica alle polemiche spiegando che a scomparire non sarà il certificato antimafia ma l’obbligo per le imprese della sua presentazione. “Preso dal sacro fuoco della banalita’ politica, il Partito Democratico non ha perso un solo minuto a riflettere su questa importante proposta di semplificazione – afferma il portavoce del ministro.
“Nei rapporti con la Pa, – spiega Vittorio Pezzuto – i certificati saranno infatti completamente eliminati e sostituiti sempre dalle autocertificazioni, mentre le certificazioni rilasciate dalla PA resteranno valide solo nei rapporti tra privati. Sui certificati da produrre ai soggetti privati sara’ apposta, a pena di nullita’, la dicitura ‘Il presente certificato non puo’ essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi’.
Alle amministrazioni e ai gestori di pubblici servizi verra’ quindi lasciata solo la scelta fra acquisire d’ufficio le informazioni, i dati e documenti oppure accettare le autocertificazioni dei cittadini e delle imprese. Il ministro Brunetta ha precisato che questo varra’ innanzitutto per il Durc (Documento Unico di Regolarita’ Contributiva) e per le certificazioni antimafia: nulla sara’ piu’ richiesto al cittadino e si dovra’ procedere sempre all’acquisizione d’ufficio”.
Il portavoce di Brunetta replica anche al procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, che pur non entrando nelle polemiche ha comunque espresso un certo scetticismo parlando di idee “campate in aria”.
“Ricordiamo che l’iniziativa di semplificazione annunciata dal ministro Brunetta serve proprio a rendere cogenti per le amministrazioni quanto gia’ previsto in tema di certificazione antimafia dall’articolo 4, comma 13 del decreto Sviluppo. La legge gia’ prevede che siano le amministrazioni pubbliche a doversi procurare la certificazione antimafia, senza piu’ usare come fattorini le imprese e i cittadini. Piu’ chiaro di cosi’…”.
(Adnkronos/Ign)