L’AQUILA RIPARTE ANCHE DAGLI “OPEN DATA”

 

[da Wired.it] Il vento su L’Aquila sta cambiando. E non si tratta (solo) della campagna #occupylaquila: il ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca ha messo nero su bianco il nuovo piano per la ricostruzione del capoluogo abruzzese. Dai contenuti dell’ ordinanza firmata il 23 marzo dal presidente del Consiglio Mario Monti, emerge un occhio di riguardo per la trasparenza.

Nello specifico, è l’articolo 4 a fare diretto riferimento alla disponibilità dei dati ” attraverso la rete Internet […] secondo i principi dell’open data e dell’open government“. A smistare i dati sarà una struttura di comunicazione, non più di cinque unità di personale la cui selezione dovrà essere scandita dal portale del Commissario delegato.

La governance dovrà aggiornare ” mensilmente” lo stato di avanzamento della rimozione delle macerie e delle opere pubbliche, specificando l’eventuale utilizzo di donazioni pubbliche e private. L’ultima parte dell’ inno alla trasparenza eviterà casi come quello di Amiche per l’Abruzzo o Domani, le due iniziative benefiche dello showbiz nostrano il cui sblocco dei fondi raccolti si sta rivelando particolarmente laborioso e ha scatenato numerose polemiche anche il Rete.

Secondo la Convenzione di Aarhus del 1998 e come ribadito da Libertà di stampa e diritto all’informazione e dalla Federazione nazionale della stampa italiana lo scorso anno, le amministrazioni pubbliche sono a dire il vero già obbligate a produrre copie dei documenti relativi a questioni ambientali, qualora giornalisti e cittadini ne facciano esplicita richiesta ( qui il dossier con le modalità di inoltro della domanda).

Tornando all’ordinanza, è previsto uno snellimento delle strutture: il tutto sarà nelle mani di un unico Ufficio Territoriale per la Ricostruzione. Occhi aperti su eventuali ” infiltrazioni criminali nei lavori di ricostruzione” e sulla ” concentrazione dei lavori a carico di uno stesso soggetto che non dimostri in seguito capacità attuativa“. Frusta pronta per chi non conclude i lavori nei tempi stabiliti. Sul piatto il Cipe ci mette 700 milioni di euro.

27 marzo 2012 di Martina Pennisi, da Wired.it