SENTENZA STORICA: I BLOG NON SONO CLANDESTINI

Giustizia è fatta. Mai più “blogger clandestini”.

E’ questa, probabilmente, la miglior sintesi possibile della decisione con la quale i Giudici della Corte di Cassazione, qualche ora fa, hanno scritto l’ultima pagina di una delle più brutte storie italiane legate al difficile rapporto tra regole e informazione online.

La Corte di Cassazione, con una Sentenza di questa sera, ha, infatti, finalmente e definitivamente, assolto Carlo Ruta – storico, giornalista e blogger siciliano – del reato di “stampa clandestina” per il quale i Giudici di primo e secondo grado, lo avevano sin qui ritenuto colpevole e condannato.

Ruta, secondo l’ipotesi dell’accusa, avrebbe dovuto chiedere ed ottenere la registrazione della “testata” del proprio blog in Tribunale così come previsto dalla vecchia legge sulla stampa, scritta – una tra le poche leggi ancora vigenti – direttamente dai padri costituenti.

Un autentico mostro giuridico quello creato dal Giudice del Tribunale di Modica, prima e dai Giudici della Corte d’appello di Catania dopo, ma, soprattutto, un pericolosissimo attentato alla libertà di informazione online.

Un attentato che se non fosse stato sventato dai Giudici della Cassazione avrebbe inflitto un colpo durissimo alla libertà di informazione online: centinaia di blogger, infatti, avrebbero, certamente, rinunciato a scrivere, pubblicare e condividere informazioni se per farlo avessero dovuto confrontarsi con anacronistiche formalità previste dalla preistorica legge sulla stampa.

E’, dunque, una vittoria importante per l’informazione online, la quale è giusto festeggiare.

Guai, tuttavia, a dimenticare si è vinta solo una battaglia – benché importante – ma che la guerra è lontana dal potersi dire egualmente vinta.

Tanto per cominciare il quadro normativo, interpretato ed applicato dai Giudici di Modica e da quelli di Catania è, ancora, quello, ambiguo e confuso, sulla cui base questi ultimi sono pervenuti alle conclusioni ora travolte dalle decisione della Cassazione.

E’ un dato inaccettabile. E’ conto del Parlamento intervenire con urgenza a far ordine ed a chiarire, una volta e per sempre, che fare informazione online, attraverso un blog non richiede nessuna registrazione in Tribunale.

Non si può poi dimenticare che mentre nel caso Ruta, giustizia è ora fatta, ci sono in giro per il nostro Paese, vicende in relazione alle quali regole e giudici continuano a minacciare la sopravvivenza di belle ed importanti esperienze informative.

E’ il caso del gestore di PNBOX – una piattaforma di aggregazione e pubblicazione di contenuti audiovisivi – al quale, il Consiglio regionale dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia, ha contestato, dinanzi alla procura della Repubblica di pordenone – del tutto immotivatamente – il reato di esercizio abusivo della professione di giornalista, professione che il gestore della piattaforma non ha mai inteso svolgere né svolto.

Analoghe considerazioni valgono in relazione ad un’altra vicenda nella quale, egualmente, le regole minacciano di mettere a tacere una preziosa voce libera dell’informazione anti-mafia: tele jato, piccola TV comunitaria della minuscola Partinico, gestita da un’associazione non profit, costretta a chiudere i battenti perché la nuova disciplina non prevedrebbe la possibilità di esercitare una tv se non nella forma di una società commerciale.

Tante, troppe minacce all’informazione libera sul web per tirare davvero un sospiro di sollievo dopo la Sentenza della Corte di Cassazione.

E’ andata bene ma, in un Paese civile e moderno, non possono essere necessari quattro anni perché un Giudice scriva l’ovvio in una Sentenza e non ci si può ritrovare a dover gioire di una Sentenza come quella appena pronunciata dai Giudici della Cassazione, una Sentenza che stabilisce, appunto, ciò che dovrebbe essere normale ovvero che non servono patentini o registrazioni per condividere informazioni e pensieri online.

(di Guido Scorza, da Wired.it)