IL TERREMOTO CAMBIA IL CERVELLO

Non crollano solo le case, ma si incrina anche la mente delle persone: uno studio giapponese dimostra che i terremoti disturbano la struttura del nostro cervello.

di Massimo Sandal – Un terremoto dura pochi secondi, minuti al massimo: ma i suoi danni sono per sempre. Non solo nelle cose che perdiamo, ma anche in quello che siamo. Qualcuno dirà che è ovvio: basta vedere alcune foto del recente terremoto in Emilia per rendersi conto di quanto sia drammatico l’ impatto umano. Ma quando si dice trauma psicologico, non è solo una metafora: sono veri cedimenti strutturali del nostro cervello.

Uno studio giapponese recentemente uscito su Molecular Psychiatry ha infatti trovato cambiamenti permanenti nel cervello dei sopravvissuti al terribile terremoto del marzo 2011. Gli autori, della Tohoku University di Sendai (una delle città più colpite dal terremoto) hanno analizzato il cervello di 42 studenti dell’università sopravvissuti al cataclisma. Questi studenti avevano già partecipato ad altri studi di risonanza magnetica prima del terremoto: in questo modo, avendo fotografie del loro cervello prima dell’evento, e ri-fotografandolo dopo, è stato possibile capire quali sono stati i cambiamenti.

Altra cosa essenziale, gli autori hanno esplicitamente preso un campione che non soffriva di disturbo dastress post-traumatico (Ptsd). Che il Ptsd causi cambiamenti seri nell’anatomia cerebrale è noto da quindici anni. Qui invece parliamo di persone giovani che apparentemente sono uscite relativamente bene dal cataclisma, senza sintomi psicologici troppo significativi.

Eppure il terremoto è rimasto dentro di loro. In particolare il team giapponese ha mostrato che negli studenti, pochi mesi dopo il sisma, si è ridotta una zona del cervello nota come corteccia orbitofrontale (Ofc) sinistra. La funzione precisa dell’Ofc non è ancora chiara, ma è noto che ha a che fare con il modo con cui reagiamo alla paura. Quando l’Ofc si lesiona, i pazienti fanno fatica a smetteredi avere paura. L’Ofc sembra anche avere un ruolo nell’evitare che le emozioni negative ci condizionino e ci distraggano quando dobbiamo fare qualcosa. È come fosse una valvola che ci impedisce di essere soverchiati dalle emozioni negative.

Il fatto che questa zona del cervello si sia rimpicciolita dopo il terremoto dimostra, in pratica, che iltrauma ha reso il cervello incapace di rassicurarsi, di spegnere la paura. E infatti i ricercatori giapponesi mostrano che i sintomi da stress negli studenti sono tanto più intensi quanto più forte è stato il calo di dimensioni dell’Ofc.

È interessante notare come, in generale, danni all’Ofc sono stati correlati anche a comportamentidisinibiti come dipendenza dal gioco d’azzardo, ipersessualità o dipendenza da droghe: guarda caso, un aumento di questi comportamenti viene riportato regolarmente dopo i terremoti: anche in Abruzzo.

Il team giapponese ha anche trovato che esistono altre zone del cervello che invece possono proteggere o meno dagli effetti psicologici del sisma: in particolare una zona nota come corteccia cingolata anteriore (Acc) destra, una zona correlata alla consapevolezza emotiva, la capacità di gestire l’ ansia e la motivazione. Secondo lo studio, i pazienti che hanno naturalmente una dimensione maggiore dell’Acc sono quelli che riescono a resistere meglio allo stress del terremoto(Curiosamente, una ricerca dell’anno scorso aveva correlato le dimensioni dell’Acc all’orientamento politico).

La capacità di distinguere quali siano i fattori che, nel nostro cervello, prevengono i sintomi dello stress, e quali invece siano le parti vulnerabili a eventi catastrofici potrebbe essere utile in futuro per capire come prevenire tali sintomi, o per diagnosticare la probabilità che soffriremo di sintomi da trauma psicologico (e quindi prepararsi per l’evenienza). Ma questo è di là da venire. Nel frattempo, possiamo essere sicuri che, per chi si trovava a Sendai o all’Aquila, a Mirandola o a Christchurch, qualcosa dentro di loro è davvero cambiato per sempre.

da Wired.itleggi l’articolo originale

(Credit per la foto: Ap / LaPresse)