L’Aquila: Ricostruzione ferma e pochi fondi

Da La Repubblica del 08 luglio 2010, di Giuseppe Caporale e Jenner Merletti

In 15 mesi la parabola: dal miracolo annunciato al brusco risveglio. Gli applausi nelle prime visite, poi la perdita di fiducia, fino al “popolo delle carriole” “Per la rinascita della citta’ spesi 20 milioni, il resto solo per opere provvisorie”

Il primo striscione apparve a Onna, il 15 settembre dell´anno scorso. Silvio Berlusconi inaugurava il villaggio di casette pagate dalla Croce rossa e costruite dalla Provincia di Trento. «Forti e gentili sì, fessi no», c´era scritto sullo striscione.

Dieci «contestatori» in tutto, che si permisero di gridare «vergogna» al presidente del Consiglio. Furono spintonati e insultati da centinaia di persone venute ad assistere al miracolo aquilano. «Vergognatevi voi. Il presidente e’ sempre qui, e’ diventato aquilano anche lui. In cinque mesi ha fatto ciò che non e’ stato fatto in decenni in Irpinia e Umbria…». Iniziava la stagione delle inaugurazioni. Nove giorni dopo, il 29 settembre (non a caso, giorno del compleanno del premier) la festa ancora più grande. Si apriva la new town di Bazzano, c´erano le bandiere su tutti i balconi e lo spumante sulle tavole. Il presidente mostrava orgoglioso le bottiglie e i dolcetti, e diceva che «le case sono così belle che gli aquilani non se ne vorranno mai più andare via».

Dagli applausi all´ira, in pochi mesi. Il 16 giugno ventimila aquilani hanno attraversato in corteo la citta’ morta e in cinquemila hanno bloccato l´autostrada. Ieri le botte nel cuore di Roma.

«Chi sta lontano – dice Giustino Parisse, il giornalista de Il Centro che nella notte dei 6 aprile ha perso due figli e il padre – forse non può capire. Secondo il governo noi adesso siamo gli aquilani ingrati che hanno avuto tutto e non sono mai contenti. Chi vive qui sa cos´e’ accaduto. Per mesi e mesi abbiamo vissuto in stato di choc, non sapevamo nemmeno cosa stesse accadendo. C´erano i volontari, c´era una Protezione civile che quasi ci coccolava. Come non ringraziare chi ci prometteva una casa fra settembre e novembre?».

Il 29 gennaio l´ultima visita di Berlusconi, per il passaggio di consegne alla Regione. «Partita la Protezione, abbiamo scoperto la realta’: casse vuote in Comune, nessuna certezza per i soldi della ricostruzione. E poi, a scatenare la rabbia, l´annuncio del ritorno delle tasse. Uno stipendio di 1400 – 1500 euro al mese dal prossimo gennaio sara’ ridotto a 750 euro. Questo in una citta’ dove l´economia non riesce a ripartire e che con i tagli agli stipendi e’ destinata alla fine. Dentro di noi – e questa e’ la vera causa della rabbia – c´e’ poi l´angoscia di vivere in un Paese che non riesce a salvare una citta’ con una storia di 800 anni, capoluogo di regione. E ti chiedi: se succedera’ in altre citta’ simili alla nostra, come Potenza o Reggio Calabria, lasceranno morire anche quelle?».

In serata il governo annuncia che le tasse si pagheranno in dieci anni e non più in cinque. «Dopo le randellate – dice Parisse – il confettino. Ma non cambia molto. Con 5 anni in più, dovremo restituire comunque il 100%. La buona notizia sarebbe un´altra: “il governo ha deciso di stanziare 3 miliardi all´anno, per dieci anni, per la ricostruzione“.

Ma dai Tg questo annuncio non e’ arrivato». «Forse – dice Eugenio Carlomagno, che ha fondato il comitato Salviamo il centro storico – siamo nati in una parte d´Italia sbagliata. Proprio l´altro giorno il governo ha annunciato che per il terremoto del Molise del 2002 gli abitanti di Foggia – risultano in qualche modo colpiti – debbono restituire le tasse non pagate dal 1° luglio: in dieci anni, ma solo il 40%».

La rabbia nasce perché in questi 15 mesi sono stati annunciati miracoli ma i fatti non sono arrivati. Nelle casse dello Stato ci sono sei miliardi di euro per l´Aquila. Ma di questi fondi, in quindici mesi, sono stati spesi – per la vera ricostruzione – appena venti milioni di euro. Un miliardo circa, invece, e’ stato utilizzato per i grandi appalti del governo per le «strutture provvisorie»: case, scuole e chiese. Seicento milioni di euro sono stati destinati alle tendopoli e agli alberghi.

Due miliardi sono «congelati», in attesa che venga speso il resto. Mentre per il 2010 ci sono appena 750 milioni di euro. Questi alcuni dei dati che la Protezione Civile ha dovuto rendicontare alla Corte dei Conti, poche settimane fa. Un rapporto reso necessario da una richiesta dell´Unione Europea che – a seguito dello stanziamento di 493 milioni di euro – ha preteso che tale investimento venisse verificato dai magistrati contabili italiani. E così, le spese sono finite, per la prima volta, sul tavolo dei giudici della Corte dei Conti.

Intanto, dai dati forniti alla Corte, emerge che per ospitare «provvisoriamente» 14 mila dei 60 mila aquilani rimasti senza casa, lo Stato abbia gia’ speso un miliardo e cento milioni; 736 mila euro per tre «chiese provvisorie»; 250 milioni di euro per consegnare nelle mani di 25 mila aquilani un «contributo di autonoma sistemazione»; 76 milioni di euro solo per gli stipendi del personale impiegato nell´emergenza; 48 milioni di euro solo per la «gestione delle tendopoli», con 19 milioni spesi per i servizi igienici.

Nemmeno i 340 milioni impegnati per la ricostruzione «vera» dell´Aquila sono però finiti nelle tasche dei terremotati: quelli consegnati sono appena 20 milioni. Eppure, per far funzionare la struttura, il governo ha assunto un «coordinatore per la ricostruzione»: l´architetto Gaetano Fontana, con uno stipendio di 163 mila euro lordi l´anno, oltre a 30 nuovi dipendenti per la «struttura tecnica» a supporto del super-consulente.