L’AQUILA: IL “SOCIAL RE-START” DI UNA CITTÀ

(di Eleonora Bove) – Lo scorso 15 aprile è stata l’occasione per vivere in prima persona un’esperienza proficua e produttiva. La piazza centrale di L’Aquila, ormai immersa in un troppo routinario silenzio dal 2009, è stata occupata da un barcamp per mettere a fattor comune le esperienze di quanti volessero partecipare con il proprio contributo e trovare ricette contro il decadimento economico della provincia.

Nel caso di #occupylaquila, hashtag su Twitter e nome ufficiale della manifestazione, si è trattato di una vera e propria call for proposal: l’appuntamento è stato lanciato sul web, promosso attraverso un sito e diffuso tramite i social media, creando una Rete di persone interessate e di curiosi che hanno animato le conversazioni on-line. Il comune denominatore dell’iniziativa è il desiderio di trasformare l’Aquila nella smart city più evoluta d’Italia, a dispetto dell’immobilismo degli ultimi 3 anni. Lo stimolo per ritrovarsi tutti è stato l’importanza strategica dell’apporto dal basso di idee e progetti per il beneficio della collettività.

Ad organizzare l’evento c’era il navigato team di Wired e a partecipare una platea di persone, di diverse professionalità, che era pronta ad ascoltare gli interventi di ben 17 relatori di ogni età e loro rispettivi progetti.

Tra di loro vi ero anch’io e la mia proposta riguardava la rivalutazione della cultura come fattore di rilancio dell’economia cittadina. Ve la racconto.

A parer mio, un valido modello socio-economico per ripartire è rappresentato dal distretto creativo, unione sinergica di differenti catene di produzione accomunate dall’intento di far circolare le informazioni e renderle accessibili a tutta la cittadinanza. Per intenderci è un po’ la trasposizione in chiave tecnologica del classico distretto italiano, tipico delle PMI. Il punto di partenza per la promozione di questo modello di sviluppo è la rivalutazione del talento e della partecipazione dei cittadini, con tre macro-obiettivi finali: l’integrazione, la multicanalità e il coinvolgimento sociale attraverso la circolazione delle informazioni.

La nascita di un cluster intersettoriale e, auspicabilmente transnazionale, di aziende accomunate dalla tensione verso il fattore culturale, metterebbe in circolo una serie di risorse utili a rimettere in moto la produttività di una città come la circolazione del capitale economico, del capitale sociale (in termini di reti sociali virtuali e non) e del capitale simbolico, elemento tipico dell’appartenenza territoriale o storica ad un luogo.

Gli investitori dovrebbero accettare la sfida e intercettare il desiderio di riscatto di una zona ormai depressa e priva di stimoli di crescita, facendo leva su un elevato tasso tecnologico dei loro progetti, agevolando investimenti in strade, mobilità sostenibile, abitazioni ecologiche, smaltimento dei rifiuti, cablaggio completo della città e delle sue periferie.

Il distretto per come verrebbe a costituirsi potrebbe essere un modello di rinascita replicabile in altri contesti di crisi e territori in cui esportare conoscenze. Lo stesso Barca del Ministero per la Coesione Territoriale, più volte a L’Aquila negli ultimi giorni, ha presentato un progetto “La ricostruzione dei comuni del cratere aquilano” che ha come obiettivo quello di stringere l’occhio alle potenzialità degli open data e della virtuosa trasparenza in fatto di PA e ricostruzione.

Nell’ordinanza del 23 marzo, emerge infatti la volontà di aggiornare periodicamente lo stato di avanzamento della rimozione delle macerie e delle opere pubbliche, specificando l’eventuale utilizzo di donazioni pubbliche e private (tra chi si dice interessato Telecom, Enea, IBM), garantendo a tutti i cittadini l’accesso ai dati attraverso la Rete e con una previsione di investimento di 700 milioni di euro nel nome, cito testualmente, dell’ “open data e dell’open government”.

Le idee ci sono, l’interesse è tanto e i fondi pure. Migliorare la qualità della vita è la filosofia alla base di Smart Cities Initiative, progetto lanciato dalla Comunità Europea a giugno del 2011 e rivolto a 30-40 città europee che hanno a disposizione ben 11 miliardi di euro per una gestione energetica più efficiente.

A questo invito ha risposto l’Enea che entro il 2014 realizzerà uno smart ring attorno alla città, installerà pali della luce a risparmio energetico e predisporrà una serie di navette che collegano la periferia al centro. L’esperimento coinvolgerà anche una “serie di edifici pubblici dei quali verranno tenuti sotto controllo i consumi energetici”.

Ulteriore risorsa per la quale vale la pena spendersi e che porterebbe vantaggi in termini di diffusione del know how e delle conoscenze, potrebbe essere il riuso di edifici pubblici abbandonati, come quelli del progetto C.A.S.E. o di ex fabbriche per la creazione di una startup altamente tecnologica, che invogli le centinaia di laureati nell’Ateneo de L’Aquila ad investire sulla loro crescita professionale.

Gli incubatori d’impresa sono piattaforme strategiche essenziali in questo quadro, perché andrebbero a generare sviluppo e  qualità – come spiego in questo post – che affondano le radici nelle doti intellettuali delle persone. Le imprese si aiutano passandosi i dati e le informazioni di reciproco interesse. Sono in sostanza complessi di agevolazioni che incentivano e accelerano le imprese “incubate” e in fase di startup attraverso una serie di consulenze: economiche, finanziarie e di marketing. Ma possono essere anche dei luoghi fisici dove le startup trovano una serie di servizi e spazi condivisi con altre startup, favorendo la nascita, la contaminazione e la diffusione di idee e progetti. Il prossimo bando da monitorare, in scadenza il 4 maggio, è European Creative Districts, che, cito “intende sostenere la creazione di distretti UE creativi con l’obiettivo di dimostrare come le industrie creative possano modernizzare le regioni basate su attività industriali tradizionali” in qualità di “catalyst for regional development”. Il bando si propone di “promuovere la transizione di queste regioni da un’economia tradizionale con una forte identità culturale in economie sostenibili e innovative”.

Ci sono fondi fino a 500.000 euro dedicati al finanziare fino al 75% dei costi ammissibili. Quello che mi chiedo è: in tempo di elezioni amministrative, è lecito che la Regione Abruzzo se lo lasci sfuggire?

Eleonora Bove

http://www.tiragraffi.it/protagonisti/2012/04/il-social-re-start-di-una-citta/