Quali edifici scolastici sono stati davvero controllati per il rischio sismico? E che fine hanno fatto i fondi per la messa in sicurezza? Spesso è impossibile rispondere.
di Denis Rizzoli, da Wired.it – Le scosse in Calabria rilanciano il dibattito sulla condanna per omicidio colposo della commissione Grandi rischi e sulla sua indipendenza dalla politica nei giorni prima del terremoto dell’Aquila.
Ma in Italia la sicurezza sismica non dipende esclusivamente dal lavoro, più o meno scrupoloso, di una commissione di tecnici. Quello che troppo spesso manca è una burocrazia efficiente, che mantenga aggiornati tutti i dati e renda possibile un vero controllo sugli edifici.
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Come stiamo documentando con la nostra campagna #scuolesicure troppo spesso alcune informazioni cruciali, come la stabilità di una struttura scolastica, restano inutilizzate nei faldoni di qualche comune, ignote alle regioni che non possiedono quindi una visione d’insieme della pericolosità del loro territorio. Nella nostra penisola sono, infatti, più di 30mila le scuole in zona sismica 1 e 2, le più pericolose, che non sono state controllate grazie i fondi messi a disposizione dallo Stato secondo le ordinanze 3274/2003 e 3362/2004 o su cui le regioni dichiarano di non avere informazioni. A Nord come a Sud. Le regioni che hanno più lavoro da fare sono la Campania, con circa 7.500 scuole in zona 1-2 da controllare, la Sicilia con 6.800 scuole e infine Lazio con più di 5mila edifici scolastici. |
Da sottolineare che il Lazio è anche terza tra le regioni che hanno fatto più verifiche (201 scuole controllate) nelle zone 1-2, a indicare il vasto numero di strutture che devono essere controllate. Guardando infatti il numero totale (sia quelle verificate che quelle non verificate) delle scuole in zona ad alto rischio le prime tre regioni sono sempre Campania, Sicilia e Lazio. Partono quindi svantaggiate rispetto ad altri territori con un aree ad alto rischio sismico più contenute
Un caso a parte sono le tre regioni che hanno fatto meno verifiche in assoluto. Nello specifico, la Calabria, il Veneto e il Friuli Venezia-Giulia sembra non abbiano finanziato con quei fondi la verifica di nessuna scuola. Questo non significa necessariamente che questi edifici, di proprietà dei comuni o delle provincie, non siano stati controllati. Semplicemente le Regioni non lo sanno. Lo conferma l’architetto Andrea Cisco, dirigente della sezione Lavori pubblici della Regione Veneto: “ Noi non sappiamo quali comuni abbiano verificato le loro scuole di loro spontanea iniziativa e con fondi propri”.
La storia del comune di Brolo, in provincia di Messina, è esemplare per questa mancanza di trasparenza interna del sistema. “ Abbiamo sottoposto molte delle strutture pubbliche a verifiche sismiche”, racconta Salvatore Messina, sindaco di Brolo: “ Tutti i risultati di questi controlli li abbiamo mandati alla Protezione civile regionale e non abbiamo saputo più niente. Non sappiamo neanche cosa ne abbiano fatto di quei dati”. Ma da queste verifiche risultò che una scuola di Brolo avesse un alto coefficiente di rischio alto che significa dover mettere in sicurezza l’edificio. “Dopo le verifiche, nessuno si era più fatto vivo. Quindi mi sono mosso di persona e sono andato tutte le mattine alla Protezione civile per 15 giorni. Alla fine mi hanno sbloccato 900mila euro, fondi a loro discrezione, al di fuori da ogni bando”, spiega Messina: “ Se non avessi rotto le scatole, la scuola sarebbe ancora a quel livello di rischio oppure sarebbe chiusa”.
E se c’è poca comunicazione tra le varie componenti della Pubblica amministrazione, verso l’esterno ce n’è ancora meno. Dopo quasi due mesi di ricerche e ripetute richieste di Wired alle regioni e al ministero della Pubblica istruzione rimangono due, il Lazio e l’ Abruzzo, le regioni che hanno reso pubblico il risultato di queste verifiche. Come racconta il caso già raccontato delle scuole emiliane prima controllate e poi crollate per mancanza di fondi per la messa in sicurezza, sapere i risultati di queste verifiche è fondamentale. Se non ci sono i soldi per ristrutturare, è giusto che i genitori sappiano se i loro figli studiano in una scuola poco sicura.
Eppure alcune regioni rifiutano di fornirci questi dati definendoli sensibili. Secondo l’articolo 4 del Testo unico sulla privacy sono considerati sensibili i dati personali idonei a rivelare l’etnia, le opinioni politiche o religiose, lo stato di salute e la vita sessuale. Dati che indicano la sicurezza di edifici pubblici, finanziati con fondi dei contribuenti, non rientrano in questa categoria. Per questo chiedeteli anche voi e aiutateci a raccoglierli nella nostra mappa.
di Denis Rizzoli, da Wired.it
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