TERREMOTI, I PROGETTI DI MONITORAGGIO DALLO SPAZIO

video_terremoto_spazioSi possono monitorare i sismi e gli eventuali fenomeni che li precedono dallo spazio? Se lo stanno chiedendo da anni i ricercatori di tutto il mondo e, sebbene non siano giunti a una fattiva conclusione, riconoscono che questo approccio ha una sua logica. Atmosfera, ionosfera e magnetosfera sono infatti interconnessi tra loro e nello stesso tempo collegati con la Terra: i terremoti che accadono sul nostro pianeta potrebbero in teoria propagare segnali a ciò che lo circonda. Può sembrare sorprendente pensarlo, ma i crescenti dati sperimentali che si stanno accumulando a favore dell’ipotesi cominciano a dare motivazioni scientifiche sufficienti per passare dal dire al fare.

SATELLITI – Ed è così che Francia e Russia stanno facendo investimenti importanti in questa direzione. Per non parlare della Cina che lancerà un satellite nel 2015, e altri due a stretto giro, per studiare i sismi dallo spazio: se si otterranno risultati positivi, si andrà avanti a studiare per altri dieci anni fino a realizzare una vera e propria costellazione di satelliti dedicati allo scopo. Con pochi satelliti si riuscirebbe a monitorare la Terra nella sua interezza e a rivelare fenomeni provocati su larga scala dai sismi, come una variazione di composizione della ionosfera o un cambiamento di stabilità della magnetosfera o di temperatura di grandi colonne d’aria, nonché l’occultamento di segnali Gps, cioè di onde elettromagnetiche molto sensibili alle condizioni dell’atmosfera.

I DATI – «Fino a oggi non si sono tuttavia eseguite ricerche sistematiche in tal senso, sia perché occorrono strumenti ad hoc e sia perché i terremoti sono fenomeni imprevedibili e quindi non facili da studiare», riconosce Roberto Battiston, professore ordinario all’Università di Trento (Tifpa-Infn). I tempi sono però maturi per dare il via a studi sperimentali che aggiungano conferme alle evidenze già raccolte da più gruppi di scienziati.

GOCE – Il satellite Goce dell’Ente Spaziale Europeo ha rilevato (guarda il video in basso) per la prima volta onde di pressione nell’atmosfera in concomitanza con il terremoto giapponese dell’11 marzo 2011 [vedi anche: Il terremoto del 2011 in Giappone “avvertito” anche nello spazio]. Il satellite Demeter, messo in orbita nel 2006 dal Centre national d’études spatiales (Cnes) e che ha monitorato dallo spazio migliaia di terremoti, ha invece osservato che poco prima di un sisma le onde radio di bassa frequenza (1,7 kHz) diminuiscono d’intensità nella ionosfera. «Se non ci si può affidare a questo risultato per mitigare gli effetti negativi di un terremoto, perché il tasso d’errore è ancora troppo alto (falsi allarmi), di certo si è dimostrato che Terra e spazio hanno tra loro un colloquio che bisogna sfruttare», dice Battiston.


INTERAZIONI – Spesso si è aggiunto un dettaglio al monitoraggio spaziale mentre si facevano esperimenti per altri motivi scientifici, per esempio sui raggi cosmici nello spazio o sulle particelle elementari nella magnetosfera. «È accaduto così che svariati satelliti messi in orbita negli ultimi vent’anni abbiano rilevato che una frazione di elettroni intrappolata nelle fasce di van Allen (zone nella magnetosfera dove protoni ed elettroni restano trattenuti dal campo magnetico terrestre) precipiti nell’atmosfera durante la fase preparatoria di un terremoto», aggiunge il professore. «Segno che litosfera, composta dallo strato rigido più superficiale della crosta terrestre e da una parte del mantello superiore, e magnetosfera interagiscono tra di loro».

PUZZLE – Lievi innalzamenti di temperatura nell’atmosfera sono stati inoltre osservati da dieci anni a questa parte in correlazione a fenomeni sismici di grandi intensità: in questo filone di ricerca si è cimentata anche l’Italia con un progetto europeo coordinato dall’Università della Basilicata. Quale approccio è dunque più promettente? «I sismi sono fenomeni complessi. Non c’è una soluzione semplice che possa spiegarli nel loro sviluppo nel tempo e nello spazio», prosegue Battiston. «Tutti gli approcci, impostati con modalità serie e scientifiche, che prevedono verifiche multiple eseguite da diversi gruppi di ricercatori e che siano in grado di dare risultati positivi, vanno però perseguiti. Solo mettendoli insieme si potranno fare passi in avanti».

STRADA LUNGA – I cinesi non lasceranno nulla d’intentato. E i ricercatori italiani, come si stanno muovendo? Negli ultimi quindici anni hanno per esempio collaborato con l’Agenzia spaziale italiana per configurare un satellite dedicato al monitoraggio spaziale dei sismi, partecipato all’analisi di dati provenienti da satelliti russi e americani, e preso parte al già citato progetto coordinato dall’Università della Basilicata. Attualmente stanno realizzando apparecchiature specifich da mettere a bordo del satellite previsto dalla missione cinese del 2015. Si potrà dunque inviare presto in orbita un sismometro capace di predire i terremoti? «L’obiettivo scientifico è quello di ridurre i danni di un sisma, cioè di mitigare i suoi effetti negativi, e possiamo per ora garantire una sistematica prevedibilità», precisa Battiston. «E il futuro non è dietro l’angolo: occorrerà ancora molta ricerca prima di dare una risposta ai tanti interrogativi. Ciononostante penso che il monitoraggio sismico dallo spazio sia una via promettente, tanto che negli ultimi sette anni una parte del mio gruppo si è dedicato a questi studi». E i risultati non si sono fatti attendere: la collaborazione con la Cina è ben avviata, grazie anche all’esperienza italiana nello studio dei raggi cosmici dallo spazio con le missioni realizzate da Infn e Asi.

Manuela Campanelli, Corriere.it