
Le deformazioni del fondale marino provocate dal terremoto del 13 novembre in Nuova Zelanda (fonte: Anna Redmond/Facebook)
18 novembre 2016 – Il terremoto del 13 novembre in Nuova Zelanda ha sollevato il fondale marino di 2 metri.
Lo conferma all’ANSA Alberto Michelini, sismologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
”E’ un dato non sorprendente, vista la dimensione dell’evento. Il terremoto, le cui stime ora si fanno più accurate e ci dicono che la magnitudo è stata di 8.0-8.1, è stato molto forte – rileva il sismologo – ed è avvenuto su una faglia lunga centinaia di chilometri, in corrispondenza della linea di costa”.
La rottura di una faglia di ”solito procede ad una velocità di 2 chilometri al secondo. In questo caso è avvenuta in poco più di 2 minuti, da Sud verso Nord-Est”. Quello che si vede ora in certe parti della costa dell’Isola del Sud, conclude, ”è un cambiamento della linea di costa, con variazioni sul livello del mare fino a 2 metri”.
Il terremoto è avvenuto a 15 chilometri di profondità ma, vista l’elevata magnitudo l’intensità avvertita è stata fino al grado 8 della scala Mercalli (MMI: Scala Mercalli Modificata). Il sisma è stato avvertito in tutto l’arcipelago neozelandese ed è stata emessa un’allerta tsunami. Nei giorni successivi sono state registrate più di 45 scosse di assestamento.

Il grafico mostra lo spostamento della posizione del GPS presso la stazione di Cape Campbell, distretto di Marlborough (a circa 100 chilometri da Wellington).

La Nuova Zelanda è colpita da forti e frequenti sismi a causa della sua posizione sulla crosta terrestre. Si trova infatti lungo la linea in cui la placca australiana e quella del Pacifico si scontrano, spingendo una contro l’altra
























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