TERREMOTI, IL SISMOLOGO DEL PINTO: LA STATISTICA NON È IL DETERMINISMO

Terremoti, il sismologo Christian Del Pinto: la statistica non è il determinismo

Considerazioni sui tempi di ritorno

Riportiamo alcune considerazioni del fisico sismologo Christian Del Pinto, relative alla questione dei tempi di ritorno dei terremoti.


Non essendo un geologo, preferisco non considerare i tempi di ritorno come infallibili. Troppe volte ho sentito anche docenti universitari dire, dopo il 2009, «adesso siamo tranquilli per 300 anni». I “tempi di ritorno” vengono definiti su base statistica attingendo ad un catalogo di eventi che è fortemente lacunoso per mancanza di fonti coeve.

Mi spiego meglio. La Sismologia è una scienza quantitativamente molto recente, poiché la raccolta di dati numerici (e non solo qualitativi) è iniziata da solo un secolo circa. Ciò vuol dire che, per eventi più antichi, si attinge a fonti coeve (pensiamo, ad esempio all’Antinori che ci parla in dettaglio del terremoto del 1703 e di altri eventi precedenti) o ad evidenze geologiche (come le deformazioni del suolo, visibili anche a secoli di distanza, sempre che l’evento sia stato così importante da lasciarle).

Ciò vuol dire che eventi meno importanti (comunque utili a caratterizzare sismicamente una zona ma non così forti da lasciare evidenze superficiali) semplicemente non vengono tenuti in considerazione ed inclusi nella statistica se non ci sono fonti coeve associate ad essi.

Sui terremoti forti, definire statisticamente un tempo di ritorno è più semplice (ci sono più dati di tipo geologico, anche di migliaia di anni). Un evento come quello del 1703 può anche essere associato ad un tempo di ritorno di un migliaio di anni da quella struttura. Però, come si fa – ad esempio – a stabilire un tempo di ritorno per terremoti meno importanti (per esempio un Mw 5.0) a cui sono associate evidenze geologiche ben inferiori? E comunque la statistica non è determinismo.

Inoltre, di sorgenti sismiche in prossimità di L’Aquila, non ce n’è una sola. Sarebbe davvero il caso di iniziare a ragionare in maniera interdisciplinare passando dal concetto di singola faglia a quello di area sismogenetica (che a sua volta può includere anche sorgenti sismiche differenti, come nel nostro caso). Le professionalità dei geofisici e dei geologi, essendo complementari, di certo darebbero ottimi frutti. Questa sinergia in alcuni casi già esiste, ma è ancora troppo limitata: basti pensare che fino a poche settimane fa c’erano ancora addetti ai lavori che negavano l’esistenza della “faglia di Montereale”.

Tornando ai dati, grazie a Dio, è palese che non tutti gli sciami sismici generano eventi importanti. Però, da sismologo, una nuova attivazione (all’interno di una situazione più ampia iniziata con l’evento du Amatrice del 24 agosto scorso) di una struttura ben nota in letteratura come quella di Barete-Pizzoli-Arischia, non mi sento di ignorarla.

Christian Del Pinto


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