L’AQUILA, PERCHÉ LA SENTENZA NON È CONTRO LA SCIENZA

Lo stesso giorno della proclamazione della sentenza con cui i membri della commissione Grandi rischi e il delegato della Protezione Civile sono stati condannati a sei anni di carcere per omicidio colposo plurimo, si sono levati gli scudi in difesa della scienza adducendo ragioni del tipo: i terremoti non si possono prevedere, non si può condannare uno scienziato perché non ha previsto l’imprevedibile e cose simili. Il Ministro Clini ha invece chiamato in causa Galileo (che si starà rivoltando nella tomba).

In realtà bastava leggere i capi d’imputazione per accorgersi che le accuse erano di ben altro tipo. Spiace vedere come un paese intero sia andato dietro ad affermazioni precipitose e approssimative. Solo il Fatto quotidiano è uscito il 24 ottobre con un editoriale in prima pagina che ricordava fatti e documenti.

Ecco un brevissimo riassunto, le citazioni sono tratte dai verbali originali o dalle dichiarazioni degli imputati.

All’Aquila il 31 marzo 2009 si tenne una riunione della commissione Grandi rischi, una riunione “finta” (vedremo meglio dopo), ma prima fu dichiarato «la comunità scientifica conferma che non c’è pericolo: la situazione è favorevole». Il delegato di Bertolaso, De Bernardinis, dichiarerà dopo la riunione: gli aquilani possono stare tranquilli. Queste dichiarazioni, in parte smentite dal verbale della riunione, scritto la sera del 6 aprile dopo il terremoto, sono state giudicate fuorvianti, avendo fornito «informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie sulla natura, le cause, la pericolosità e i futuri sviluppi dell’attività sismica in esame».


In seguito a queste dichiarazioni alcune persone si sono sentite tranquillizzate, sono rimaste in casa, nonostante le continue scosse, e sono morte. L’averle fornite è stato giudicato colpevole. Intanto per aver permesso che si diffondesse l’informazione che il fatto di avere una serie di piccoli eventi sismici avrebbe diminuito la probabilità di avere un grande terremoto a breve termine. Questo è errato, o in ogni caso discutibile. Ci sono molti articoli, si può vedere per esempio quello di K. R. Felzer del 2004 (ringrazio Giorgio Parisi per la segnalazione), da cui appare che una volta che ci siano sciami di piccoli eventi sismici si può dire poco su di un possibile evento catastrofico a breve. Cioè non diminuisce la probabilità della catastrofe; quindi se prima c’era un certo pericolo perché ci si trovava in zona sismica, dopo lo sciame la probabilità rimane, quindi bisogna stare ugualmente all’erta. Queste cose sono state anche scritte nel verbale post-terremoto, ma non sono state comunicate ai cittadini dell’Aquila. Perché? Dai documenti e dalle intercettazioni pubblicate recentemente si può ricostruire la storia.

Il 30 marzo Bertolaso telefona a Daniela Stati, assessore regionale «…ho detto di fare una riunione all’Aquila su questa faccenda dello sciame sismico che continua…vengono i luminari del terremoto in Italia… In modo che è più un’operazione mediatica, hai capito? Così loro, che sono i massimi esperti di terremoti, diranno: è una situazione normale… Meglio che ci siano cento scosse di scala quattro (medie) piuttosto che il silenzio, perché cento scosse servono a liberare energia e non ci sarà mai la scossa che fa male…hai capito?…vogliamo tranquillizzare la gente, e invece di parlare io e te facciamo parlare i massimi scienziati nel campo della sismologia».

Ecco cosa è successo: un medico, Bertolaso, ha detto prima della riunione degli esperti cosa avrebbero dovuto dire. E gli esperti l’hanno detto. E un non-esperto in sismologia, il vice di Bertolaso, dopo la riunione ha rassicurato i cittadini, ma nessuno della commissione ha avuto il coraggio di dire che non era vero, che il pericolo c’era, anzi che lo stesso Boschi (presidente dell’Ingv) vari anni prima aveva dichiarato una probabilità non trascurabile di un grosso terremoto nell’area dell’Aquila entro il 2015. Malgrado l’analisi fatta da Barberi, membro della commissione, circa dieci anni prima sugli edifici del centro storico dell’Aquila, da cui risultava che almeno 500 erano ad alto rischio di crollo in caso di un terremoto.

La colpa degli scienziati, secondo il pubblico ministero, ed evidentemente secondo il giudice, è stata di aver dato consapevolmente informazioni non vere; che poi siano state su indicazioni del potere politico questo non ha molta importanza. O forse è proprio questo il punto.

Il regime dell’apparire impostato dal precedente governo, quello delle dichiarazioni di fantasia, senza riscontri con la realtà, può funzionare per diciotto anni quando si parla di valori non facili da prevedere e da controllare, e disponendo di un una strutta mediatica asservita al governo. Le verità sull’economia, sulla disoccupazione, sui rapporti con l’estero possono essere stravolti. Ma quando ci si scontra con la natura e con la scienza non ci sono interventi mediatici che tengano, prima o poi la verità esce fuori. In questo caso purtroppo la verità è stata un terremoto. E spiace che sei scienziati, che sicuramente nel passato avevano dato prova di essere competenti, si siano piegati al volere politico, al mondo delle dichiarazioni ed effetto, fatte per tener buono il popolo. La scienza non è stata attaccata, è l’indipendenza degli scienziati che è mancata.

Una possibile soluzione a questo modo di operare l’ha proposta Barack Obama, all’inizio del suo mandato, nel Presidential Memorandum on scientific integrity indirizzato al Congresso degli Stati Uniti. Si trattava di definire i processi decisionali con forti connotazioni scientifiche. La procedura proposta, molto in breve, era: 1) vengono scelti degli esperti 2) gli esperti si riuniscono, discutono e rendono pubbliche le loro opinioni riguardo ad un certo problema, comunicandole ai politici 3) i politici prendono la decisione su cosa fare, comunicando alla popolazione le conclusioni degli esperti e le loro scelte.

(di Carlo Cosmelli, da GalileoNet.it)