NOVEMBRE MESE DI CALAMITÀ, MA FACCIAMO FINTA DI NIENTE

alluvionidi Luigi Bignami (Focus) – “Siamo climaticamente su un Titanic, ma facciamo finta di non accorgercene, nonostante gli eventi ce lo ricordino costantemente: oggi la tempesta di San Giuda nel Nord Europa, ma solo pochi giorni fa le alluvioni in Italia, già costate, in pochi giorni, una decina di morti e danni ingenti. Siamo molto preoccupati.”

Commenta così Massimo Gargano, Presidente A.N.B.I. (Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni), i più recenti eventi meteo, guardando con apprensione al prossimo futuro perché, aggiunge, “poco o nulla di sostanziale è cambiato ed il territorio, stante un’urbanizzazione non di rado incontrollata, è sempre più a rischio.”

Secondo l’ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni), gli eventi alluvionali già verificatisi nelle scorse settimane ed il persistere di temperature superiori alla media stagionale sono indicatori preoccupanti alla vigilia del mese di novembre, statisticamente il più pericoloso per la sicurezza idrogeologica.

Basta scorrere soprattutto recenti dati meteorologici: era Novembre quando il fiume Po, nel 1951, allagò il Polesine; è il 4 Novembre 1966, la data della tragica alluvione di Firenze e di tante altre zone d’Italia; era Novembre, quando fu alluvionato il Piemonte nel 1994; è stato sempre a novembre che il maltempo ha flagellato nel 2010 l’Italia (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna, Campania e Calabria); a Novembre 2011 ci sono state di nuovo vittime e città allagate (Genova, Cinque Terre, La Spezia, Lunigiana, estendendosi in Toscana, in parte del Piemonte ed in Campania); altri 12 mesi ed il problema è ritornato d’attualità, perché l’anno scorso vittime, allagamenti, frane, crolli, esondazioni diffuse, necessità di evacuazioni hanno gettato il Centro Nord nel caos (Toscana, Veneto, Liguria, Lazio, Umbria).

Il dissesto idrogeologico interessa l’82% dei comuni italiani, vale a dire che 6 milioni di persone abitano in un territorio ad alto rischio idrogeologico e 22 milioni in zone a rischio medio.

Secondo il Consiglio Nazionale Ricerche (C.N.R.), tra il 1950 e 2012 si sono registrati 1.061 eventi di frana e 672 eventi di inondazione. Le vittime sono state oltre 9.000 e gli sfollati e senza tetto oltre 700.000. Tali eventi hanno avuto impatto sui beni privati e collettivi, sull’industria, sull’agricoltura, sul paesaggio, sul patrimonio artistico e culturale senza contare le conseguenze occupazionali e psicologiche sulla comunità.

“Tra il 1944 e il 2011, il danno economico prodotto in Italia dalle calamità idrogeologiche è mediamente pari a circa 850 milioni di euro annui. Eppure – sottolinea Gargano – mentre la politica discute di se stessa, il nostro Piano per la Riduzione del Rischio Idrogeologico, fatto di 3.342 interventi perlopiù immediatamente cantierabili e finanziabili con mutui quindicennali, resta senza concrete risposte, nonostante le reiterate condivisioni di principio.”

Nel frattempo, le condizioni del territorio e delle sue comunità peggiorano e necessitano di interventi sempre maggiori.

“La nostra proposta 2012 – ricorda il Presidente dell’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni – indicava 2.943 interventi per un importo di 6.812 milioni di euro. Nel 2013, il numero degli interventi proposti è cresciuto del 13,9%, per un importo complessivo di circa 7.409 milioni di euro, vale a dire un incremento pari ad 8,7%. Ancora più significativo – conclude Gargano – è però il confronto con il 2010, anno del nostro primo report: gli interventi necessari sono cresciuti del 144,9% e la spesa del 77,1% a testimonianza di una situazione idrogeologica del Paese in costante peggioramento.”

Luigi Bignami
focus.it