Il Professore Franco Ortolani, Geologo all’università Federico II di Napoli,  spiega cosa accade:

“il sottosuolo viene sottoposto in 12 mesi in compressione quando si inietta il metano, che tende a rigonfiare il terreno, per poi abbassarsi durante l’estrazione, cosa che in natura non può accadere”. Nel caso del petrolio, i problemi nascono, una volta estratto il petrolio, gli scarti di lavorazione vengono iniettati nelle stesse viscere della terra, da cui era stato preso l’oro nero.

Gli scarti sono tanti, per ogni barile di petrolio si producono circa 10 barili di scarti di acque, queste acque alterano l’equilibrio del sottosuolo creando sismicità indotte. Questa pratica è una pratica assolutamente legale ma devono essere rispettati alcuni parametri di sicurezza. In Italia i parametri di sicurezza sono previsti da una legge del 1977, secondo cui i terreni dove vengono rinettati questi liquidi devono essere situati in zone tettonicamente e sismicamente favorevoli.

La prof.ssa Albina Colella, dice anche che: ”la Basilicata è una regione sismica e la reiniezione viene fatta in una parte del sottosuolo dove ci sono delle faglie, il CNR dice che una di queste faglie è sempre attiva, mentre l’INGV dice che queste faglie non sono attive, ma in un clima di incertezza perché facciamo rischiare la popolazione?

L’Oklahoma è lo stato in America con più terremoti indotti, dovuti alla reiniezione delle acque di scarto petrolifero, nel 2014 si contano 549 scosse, prima delle estrazioni il rischio sismicità era praticamente inesistente, un altro esempio è l’Olanda per i suoi giacimenti di gas-metano, dopo le estrazioni sono iniziati i terremoti e una volta accertati i fatti le 2 compagnie petrolifere sono state condannate a risarcire gli abitanti dei danni.

In Italia sono stati verificati solo per l’estrazione del gas-metano alcuni casi. A rischio è anche l’Abruzzo, soprattutto la provincia di Chieti, per l’estrazione e lo stoccaggio di un giacimento di gas-metano

Il servizio de Le Iene ha interessato in particolare la provincia di Chieti, San Martino sulla Marrucina, a pochi chilometri dalla città dove è presente un pozzo di estrazione di gas “che vogliono riciclare in uno stoccaggio” afferma Augusto De Sanctis, del Forum Movimenti per l’acqua. “Vogliono iniettare gas in estate e poi estrarlo in inverno, stiamo parlando di 157 milioni di metri cubi di gas”, “questo è pericoloso e lo dice anche il decreto autorizzativo di valutazione di impatto ambientale, non possono esserci sismi creati da attività di stoccaggio” per cui “il decreto dice che se il sisma supera i 3 della richter loro devono riportarlo sotto il 2 della richter”. 

“In Italia strutture come quella in provincia di Chieti sono presenti anche in Molise, Basilicata, Marche, Emilia Romagna e Lombardia. Dovremmo importare il gas, stoccarlo lungo il percorso ed esportarlo in Nord Europa, quindi il gas che viene quì non è per noi”

“Una struttura che aggrava i rischi per la città di Chieti già classificata come zona 1 e cioè ad alto rischio sismico” conclude De Sanctis.